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Immagine del redattoreDott. Paolo Oliveri

L’ ANNO CHE VERRA’

La splendida canzone scritta da Lucio Dalla è sempre attuale. Lo è ancora di più del solito, a proposito del 2023.

Siamo reduci infatti da un Annus Horribilis in ambito finanziario, con i Mercati che hanno subito un calo davvero epocale.

Sia il Mercato l’ azionario che quello obbligazionario hanno registrato ribassi attorno al 20 %, se non di più.

Pochi forse ne tengono conto, ma infatti anche l’ obbligazionario di area EUR, principalmente a causa dell’ aumento dei tassi di interesse (ma anche per i problemi di indebitamento ed inflazione dell’ Eurozona), ha perso il suo ruolo di “investimento prudente”: il BTP a 10 anni italiano, ad esempio, ha perso circa il 21%.


E se questo non bastasse: ovviamente il BTP è denominato in Euro; purtroppo l’ Euro ha perso in un anno circa il 7 % nei confronti del Dollaro USA (arrivando a perdere anche il doppio: consideriamo che il petrolio si paga in USD, anche da questo è derivato il rincaro dei carburante ed una grossa parte dell’ inflazione in UE).



La stessa sorte l’ Euro la ha subita nei confronti del Franco Svizzero; la differenza è però che, mentre il Dollaro è più “ballerino” (essendo manovrato dalla FED - la Banca Centrale USA), il Franco Svizzero è costantemente in ascesa, per una sua intrinseca forza e per il ruolo di Bene Rifugio, sempre più importante: da metà 2018 ad oggi si è rafforzato del 22 % circa nei confronti dell’ Euro. La tendenza è destinata a continuare (si vedano i links in fondo all’ articolo), dato anche che l’ inflazione, in Svizzera, è quasi solamente “importata”, per via del prezzo del petrolio (non si usa quasi niente il gas e molta dell’ energia deriva dall’ idroelettrico).

Continuiamo la rassegna degli assets e delle loro performances nel 2022, in proiezione di ciò che potranno rendere nell’ Anno che verrà:


  • L’ oro ha avuto modo di dimostrare se davvero è ancora un bene rifugio, in due occasioni: l’ inizio della pandemia Covid e lo scoppio della guerra fra Russia ed Ucraina. Ha fallito. In entrambi i casi chi ha comprato oro all’ apice di questi due momenti di crisi lo ha pagato 2.000 Dollari per oncia (o ancora di più) ed ora si ritrova con un valore attorno ai 1.800 USD per oncia. E’ evidente (si veda anche l’ articolo dedicato ai beni rifugio, nell’ area riservata del nostro sito www.rodnikfinancial.ch) che l’ oro è ormai solamente un metallo giallo e pesante: niente di più, dato che è evidente che una perdita del 10 % in un periodo di crisi come quello in cui siamo testimonia una volta per tutte che l’ oro non garantisce per nulla il potere di acquisto. Per il 2023 non promette nulla di meglio: i tassi di interesse sono in crescita, fatto per cui nel 2023 le obbligazioni di qualità inizieranno a pagare interessi allettanti, a scapito dell’ oro (che ovviamente non paga interessi) ed anche delle azioni.


  • L’ immobiliare sta soffrendo (e continuerà a soffrire) l’ aumento già in atto dei tassi di interesse. Sia la FED americana sia la Banca Centrale Europea (BCE) sono di fatto costrette a continuare ad alzare i tassi di interesse; quindi anche i mutui ipotecari sull’ immobiliare continueranno a soffrirne sempre di più, perché la quota di interessi che si paga per ogni rata del mutuo diventerà sempre più alta. Ciò renderà sempre meno appetibile l’ investimento in immobili da mettere a reddito: i prezzi degli affitti stanno subendo un ribasso in tutta Europa (e non solo), dato che l’ inflazione e la svalutazione dell’ Euro stanno diminuendo sempre di più le capacità economiche di chi l’ affitto lo deve pagare ogni mese; in più il costo della quota interessi del mutuo ipotecario è diventata più alta e continuerà a crescere (ne sta bene solo chi ha già mutui a tasso fisso, contratti prima della seconda metà del 2022). Mettiamoci un po’ di tassazione sugli immobili: si può ben capire che investire “nel mattone” sia sempre meno redditizio, per cui anche le quotazioni degli immobili sono e saranno in calo.


  • Anche la semplice liquidità è in sofferenza: chi è “restato alla finestra”, mantenendo i propri risparmi in Euro se li è visti erodere dalla inflazione e dalla svalutazione dell’ Euro contro le valute più forti e stabili. Purtroppo chi “vive in EUR” è abituato a mantenere i propri risparmi in EUR.


  • Cosa per nulla giustificata… pensate ad esempio ai turchi, che “vivono in Lira turca”, soggetta ad una inflazione devastante, peggiore di quella che la Lira italiana subì negli anni ’70 del secolo scorso: chi non ha convertito i propri risparmi in una valuta rifugio ha perso più di metà del proprio potere di acquisto.

Sia ora, con l’ Euro, sia 50 anni fa con la Lira italiana: chi non è attivo al fine di mettere al sicuro i propri soldi, convertendoli in una valuta forte, ha la certezza di perdere molto, fra inflazione e svalutazione.

Per fortuna gli Euro si possono convertire, in piena legalità e trasparenza, in Franchi svizzeri: è per prima cosa una mossa difensiva, ma è anche un investimento di per se, considerando l’ apprezzamento che il Franco Svizzero costantemente mette a segno nei confronti dell’ Euro.






Dato che il titolo dell’ articolo si riferisce all’ anno che verrà, esaminiamo le prospettive per il 2023:


  • AZIONARIO: l’ aumento dei tassi di interesse in tutto il mondo, nel tentativo di frenare l’ inflazione galoppante, continuerà anche nel 2023; gli economisti sono concordi nel prevedere una recessione in gran parte dei Paesi avanzati. L’ Europa (cosiddetta) Unita è in questo senso svantaggiata, dato che l’ economia più potente è quella tedesca, che però sta già soffrendo molto per gli enormi costi dell’ energia: l’ industria tedesca ha disperato bisogno di energia, dato che le sue fabbriche sono perlopiù “energivore” e non possono più usufruire delle forniture dalla Russia, per cui la Germania soffre e soffrirà di più, rispetto ad esempio all’ Italia.

Le azioni “europee” subiranno quindi le conseguenze della crisi economica.


Mercati azionari USA: la FED è determinata ad abbassare l’ inflazione, ed è il “braccio armato” di una nazione unita, a differenza della UE: fatto per cui, a costo di mandare in recessione l’ economia americana, procederà con l’ aumento programmato dei tassi di interessi, a costo di mettere in difficoltà l’ economia e di conseguenza anche le quotazioni azionarie. Dato che l’ occupazione sta creando tensioni salariali, di fatto è messa in conto (sempre tramite l’ aumento dei tassi ed il ritiro di liquidità dal Mercato del credito) l’ “eliminazione” di un milione e mezzo di posti di lavoro: tutte persone che avranno meno potere di acquisto e che contribuiranno alla perdita di valore anche delle azioni più solide, come quelle dei beni di consumo.

Sempre per azioni e fondi comuni: va tenuto anche conto dell’ effetto “window dressing”, dell’ abbellimento di bilanci e quotazioni: fino al 30 dicembre 2022 sia le aziende che i grandi gestori di patrimoni e di fondi comuni hanno cercato di “mettere una pezza” ai risultati annuali: un NAV di un Fondo Comune che perde “solo” il 21% a fine anno è pur sempre meno peggio di una perdita ancora maggiore.

Ma questo effetto ovviamente svanirà con il nuovo anno: le quotazioni saranno di nuovo libere di seguire il loro destino, allineandosi in negativo alla situazione di crisi e di recessione che con ogni probabilità si accentuerà nei primi mesi del 2023.


  • Anche l’ obbligazionario continuerà (perlomeno per i primi mesi dell’ anno) a navigare in cattive acque: comprare una obbligazione che rende il 2.5% all’ anno in presenza di una inflazione di oltre il 10% annuo è di fatto un investimento a RENDIMENTO NEGATIVO.

Probabilmente, più avanti nel 2023, le obbligazioni in Dollari USA potranno divenire appetibili (sempre a spese delle azioni e dell’ oro, che avrà pochi spazi di apprezzamento), mente quelle denominate in Euro continueranno a soffrire della svalutazione della “Moneta unica”… unica a continuare a svalutarsi, in un contesto di Paesi destinati ad avere a lungo anche una inflazione elevata, unita a stagnazione o recessione.


  • Nel 2023 sarà sempre più pressante la situazione dell’ Euro, soprattutto per l’ Italia, che ha un indebitamento enorme e che DEVE rientrare (per diktat della Germania in BCE) nei limiti di indebitamento che ha potuto sforare per via degli allentamenti denominati “aiuti Covid”: di fatto all’ Italia era stato concesso di sforare il tetto del debito (per cui attualmente, dato l’ aumento dei tassi di interesse, deve pagare interessi enormi e crescenti), ma ora deve rientrare…cioè deve (o meglio: dovrebbe) restituire i soldi che ha ricevuto quando le è stato concesso di indebitarsi ulteriormente.

Come potrebbe fare, l’ Italia?


Difficilmente potrà emettere nuove obbligazioni (i soliti BTP), senza che il loro tasso di interesse (e lo spread fra questi ed i Bund, le emissioni obbligazionarie tedesche) salga ulteriormente: quindi la spesa per interessi crescerebbe ancora di più.


Di per se, le previsioni per l’ economia italiana non sono male, soprattutto se confrontate con quella tedesca: magra consolazione per l’ industria italiana, dato che la Germania di fatto ha i pieni poteri nella Banca Centrale Europea (la Gran Bretagna, l’unico Paese che poteva contrastare decisioni unilaterali da parte dei tedeschi, è ormai fuori dalla UE):

la Germania , di recente, ha “convinto” la BCE a destinare aiuti solo a chi non è quasi per nulla indebitato (in UE: solo la Germania). Duecento miliardi, non proprio noccioline.

Inoltre, se fosse necessario, la Germania potrebbe emettere obbligazioni a tassi piuttosto bassi, finanziando gli aiuti interni, alla faccia della cosiddetta Europa Unita.


In sintesi:

  • Ci sarà sempre meno denaro circolante, per espressa volontà delle banche centrali, che cercano di arginare l’ inflazione. Per cui l’ accesso al credito, sia per i privati che per le imprese, sarà sempre più difficile e costoso.

  • L’ Euro continuerà la sua discesa, per via delle difficoltà dell’ economia tedesca e per via dei debiti dei “Paesi mediterranei”. Chi ha obbligazioni in Euro (Norvegia, Svizzera, Giappone, USA, Canada, Cina…) se ne disferà, contribuendo ad un ulteriore indebolimento dell’ Euro.

  • L’ obbligazionario denominato in Euro soffrirà sia per la svalutazione, sia per l’ inflazione ed aumento dei tassi: meglio attendere e comunque optare per obbligazioni in valute forti e meno soggette ad inflazione.

  • L’ Azionario sarà in crisi pressochè ovunque, sebbene in USA non ci siano i problemi di cui soffre la UE, per cui potremmo vedere una seconda parte del 2023 in recupero, facendo conto però che i minimi probabilmente non sono ancora stati raggiunti: ci vuole pazienza anche in quest caso.

  • L’ oro resta minacciato dalla crescita dei tassi di interesse, così come l’immobiliare.

  • Non vale la pena di menzionare le criptovalute… o ciò che ne rimane, anche di quelle quotate ed apparentemente oneste.

  • Le materie prime si sono già apprezzate molto (soprattutto petrolio e gas), ma in un contesto di recessione sarebbero meno richieste, quindi è probabile che i loro prezzi non salgano; più probabile un ribasso, per quanto non elevato.

Dato che l’ auspicio è per un Nuovo Anno che sia migliore di quello che finisce oggi:

come possiamo trovare alternative agli asset sopra menzionati?


La soluzione non è poi così complicata: tutti gli investimenti sopra citati sono “rialzisti”, si basano cioè sulla speranza (o scommessa) che le quotazioni di ciò che si compra poi salgano.

Abbiamo esaminato le motivazioni per cui i rialzi, perlomeno nei primi mesi del 2023, saranno molto improbabili.


Quindi cosa possiamo fare?


Possiamo investire tramite strategie che non dipendano dall’ andamento dei Mercati, ne dall’ andamento dell’ Euro:

meglio un conto in Franchi Svizzeri, investendo poi “il giusto”, in investimenti che non siano legati al rialzo di azioni o obbligazioni.

Queste forme di investimenti si chiamano anche “absolute return”, proprio perché offrono l’ opportunità di guadagnare indipendentemente dall’ andamento dei mercati e dell’ economia.

Potete trovare spunti in merito nei links alla fine dell’ articolo.


In questo modo potremo, concretamente, mettere in pratica gli auspici che Lucio Dalla ci ha scritto, fin dal 1978:


L'anno vecchio è finito ormai. Ma qualcosa ancora qui non va”.

L'anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando. È questa la novità”.


Possiamo prepararci ed agire anche noi, in modo che l’ Anno che verrà sia un anno di prosperità e di serenità.


Vi auguro di cuore un Buon Anno.

Paolo Oliveri


Rodnik SA - CEO



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